Ricerca Uil-Eures: “Senza immigrati Pil Lazio giù di 19 miliardi”

 

Nella giornata del 16 maggio, il sindacato Uil e l’istituto di ricerca EU.R.E.S. hanno diffuso un interessante documento dal titolo Per un approccio sistemico alla “questione migratoria” nel Lazio. Il report immagina – con un approccio definito “paradossale” – la scomparsa (o l’allontanamento) degli attuali 680 mila cittadini stranieri residenti nella regione (un valore che sale a quasi 800 mila unità, se si considerano le acquisizioni di cittadinanza negli ultimi 15 anni).

Una situazione del genere determinerebbe nell’immediato un enorme decremento del Pil regionale: 19 miliardi di euro in meno, pare al 9.8% del Pil attuale del Lazio (uguale alla ricchezza complessiva prodotta da Molise e Basilicata). Con la conseguente scomparsa di oltre 80 mila imprese (come avevamo riportato in un articolo qui su StranieriinCampania, il Lazio ha decine di migliaia di piccole e micro imprese la cui titolarità è di cittadini migranti), si creerebbe una contrazione del tasso di occupazione di oltre il 12%.

Il maggiore “colpo” lo avrebbe il settore agro-alimentare, dove oltre il 40% degli occupati nel Lazio è composto da lavoratori immigrati. Un valore probabilmente sottodimensionato se si considera che “quello agricolo è un settore particolarmente esposto al lavoro sommerso: in base ai dati Istat, sarebbero infatti 15 mila gli occupati irregolari in agricoltura (10 mila quelli in nero), e nel 70% dei casi si tratterebbe di cittadini di nazionalità straniera spesso esposti a forme di sfruttamento estremo”, come si legge nel report.

Altro ambito particolarmente colpito sarebbe quello del lavoro domestico e di assistenza domiciliare privata, dove gli stranieri sono oltre l’83% degli occupati (anche in questo caso, senza considerare la presenza di lavoratori non censiti dalle statistiche ufficiali perché costretti a lavorare “in nero”). La “scomparsa” di tutti questi lavoratori avrebbe un impatto immediato sulla tenuta delle organizzazioni familiari, sull’assistenza agli anziani e inabili, la cura e la custodia dei bambini e quindi sulla conciliazione tra lavoro e famiglia in un paese in cui l’assistenza domiciliare è delegata ai privati per insufficienza delle strutture pubbliche.

Se si considera poi il comparto dell’istruzione, senza il gran numero studenti immigrati, si verrebbe a creare un ingente esubero di personale docente e affine, con ulteriori problemi occupazionali, di tenuta sociale e di welfare.

Un ulteriore dato interessante è la conferma del contributo al sistema previdenziale proveniente dai cittadini migranti residenti, direttamente derivative dalla struttura demografica della popolazione straniera che ha una componente di over 65 del solo 4% (contro il 23,6% degli italiani). Il documento Uil-Eures definisce il contributo del gettito previdenziale non ancora sufficiente per “compensare il forte squilibrio dei conti della “bilancia” contributivo/previdenziale relativa alla sola popolazione italiana”, resta comunque fondamentale per garantire l’elargizione delle pensioni agli italiani anche considerando che non vi sono in vista inversioni di rotta nell’andamento demografico della popolazione italiana, destinata ad invecchiare sempre più.

Il report si basa su una analisi dei dati disponibili nelle banche dati di Istat, Inps e Miur ed altri enti pubblici. Le sue risultanze sottolineano ancora una volta quanto l’immigrazione – al di là della gestione emergenziale degli sbarchi e delle problematiche dell’integrazione – incida in maniera fondamentale sulle dinamiche socio-economiche delle comunità ospitanti. Mostrando come in Lazio la presenza dei migranti sia una risorsa, un dato, ormai imprenscindibile, si dà una ulteriore conferma della sua essenzialità su tutto il sistema paese: in termini occupazionali, in ricchezza prodotta, per entrate previdenziali, per l’equilibrio demografico e per la tenuta dei conti pubblici.